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E’ Domenica e posso permettermi di dedicarmi a qualche attività secondaria, libero dal senso del dovere.
Per necessità devo fare qualche riflessione su un progetto fotografico sviluppato tra il 2019 e il 2020 per conto di un’associazione, Outspoken. L’idea era raccontare i sogni dei parmigiani e io mi occupavo della parte fotografica.

E’ stato come aprire un baule di vecchi ricordi e passare un pomeriggio a tirare fuori lentamente ogni oggetto dal suo interno.

Ne è venuto fuori questo.

Cosa ne sarà stato del blu della sua divisa,
macchia che invade il colore di una scatola arancione?
E della timidezza di un dito mignolo, ramo storto,
vestito di mantello per celare la sua gobba?

Quando potrò ancora essere occhi indiscreti e mani sguaiate,
ad applaudire l’apparente libertà di una fisarmonica?
Dove ballerà stasera il partigiano nero con la pancia arrogante,
lo accompagnerà il vecchio sognatore che mostra il futuro a chi lo vivrà?

Rapito è il bimbo tra le bolle di saliva iridescente,
innamorato della normalità di una luce matura ed arrogante.
Sorride tenerezza, sua Madre, gli tiene la mano,
rapita anche lei dall’amore ingenuità.

L’uomo senza passato ha messo la giacca,
ricorda l’uomo del passato, umile nel giorno del ritratto.
Intanto l’uomo, con un passato visibile solo ai suoi occhi,
mette la corona al sogno di diventare divinità.

Che umore avrà quel bicchiere di bianco povero,
trasparenza tra tanti altri fratelli buttati giù?
Pensando a Settimo il pensiero vaga sugli altri sei
e a come si sono mischiati con colori saturi dell’invadenza di chi non sa.

I baffi color cielo orientati al giorno dopo
accompagnati dalla nostalgia di un fumo di vetro.
E il sapore salato del blu in un bimbo a piedi nudi
cercato nella limpidezza di un ricordo che si accontenta del cloro.

Ride il professore, rosse le gote, gialli i denti
mentre spiega il teorema che ha regolato i suoi numeri.
Il fumo diventa maschera, cinge gli occhi e nasconde l’animo,
per partecipare alla festa di un invadente carnevale.

Veste le vesti dell’ammiraglio inventore,
dirige la barca in un animo bambino,
il comandante la guarda e urla “anche il teatro ci sta!”,
che poi non è solo teatro ma luce di un matrimonio che non c’è più.

Quella bimba apparentemente sepolta da metri di maturità
potrebbe urlare la sua evidente gioventù
e invece sceglie la talea rossa
che mangia sangue e mette radici nella carne.

Mi addormento e vengo mosso da un incontro sporco,
c’è un berretto giallo, deciso e menefreghista,
si incrocia con uno grigio, stanco e arrendevolmente dolce.
Uno scontro specchio di una confusa anziana
Oltretorrente.


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