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Scosso nella mia comoda quiete di fruitore di contenuti, l’altro giorno Max Aquila di Nikonland mi ha benevolmente fatto alzare dalla comoda poltrona da cui guardo scorrere il mondo e immesso sulla corsia di accelerazione dell’autostrada dei contenuti sul web. E così eccomi qui a provare a coinvolgervi trasportandovi nel mio mondo fotografico.

L’idea è quella di raccontarvi e raccontarmi come è nata un’immagine che ho scattato questa estate, fornendovi qualche dettaglio in più sull’organizzazione dello shooting di quel giorno.

Innanzitutto la foto, che poi è l’attrice principale di questo post:


Nikon D750, Sigma Art 35 mm f/1.4. 1/320 s, f/4, ISO 400. Luce mista naturale/artificiale con 2x Lume Cube 2.0 gelatinati.

Lavoro con Carolina Gandolfi da un annetto emmezzo. Lei è una psicoterapeuta di Parma, conosciuta per un progetto comune che univa la sua professione alla fotografia. Da quel corso costruito insieme nasceva una profonda amicizia che ha portato alla sua prima richiesta fotografica: un ritratto (l’organizzazione del quale è durata parecchi mesi, di cui si potrebbe scrivere un articolo a parte). Ma questa è un’altra storia.
A fine del 2020 si è decisa a fare un sito (con blog annesso) per divertimento e per promuovere la sua attività in maniera differente dal solito. Mi ha guardato e mi ha detto “Fammi tutto, fotografie e sito!”.
L’idea era di un blog molto personale in cui le immagini dovessero essere centrali nella comunicazione. Facendola breve, nel 2021 abbiamo ideato e realizzato parecchi shooting con fotografie che accompagnavano il sito e gli articoli. Per chi fosse curioso, qui trovate il link.

A luglio abbiamo realizzato un servizio al fiume nelle prime colline parmigiane. In quel caso il tema delle immagini era l’Attesa. In altre parole… il piacere o il fastidio di aspettare un evento o una persona,  lo scorrere della realtà mentre stiamo fermi.

Ogni nostro shooting inizia alcune settimane prima attorno ad un tavolo, discutendo i temi da trattare. Lei mi propone delle macro-tematiche e io provo ad immaginare le fotografie che possano raccontare gli argomenti che Carol mette in gioco.
Quel giorno avevamo in programma 4 fotografie. E la principale, quella più importante, non era quella che ho postato di cui parlo in questo articolo.
La foto più studiata di quel giorno, quella che ha poi richiesto più lavoro di programmazione e ben 3 persone che mi dessero una mano, era questa:


Nikon D750, Sigma Art 35 mm f/1.4. 1/4000 s, f/1.4, 100 ISO. 1x Profoto B1 con softbox Godox Octagon 140 cm con griglia a nidi d’ape.

Voleva parlare del “godersi l’attesa”, tema caro a Carol per varie ragioni personali.

Tornando alla fotografia tema di questo articolo, non mi aspettavo molto da essa. L’avevo studiata a tavolino ma non definita in tutti quei dettagli che cerco di tenere sotto controllo durante uno shooting. Qualcosa avevo lasciato al caso, all’improvvisazione. Un po’ per pigrizia, un po’ perchè la mia esperienza mi ha insegnato che il “caso” spesso si trasforma nella vera unicità di una fotografia.
Ad esempio non avevo deciso con certezza che colori utilizzare per illuminare il suo viso. E, ci tengo a sottolineare, la mia attenzione verso i colori è abbastanza maniacale quando studio un’immagine da realizzare. Invece quel giorno avevo lasciato che l’improvvisazione scegliesse per me, lì sul posto. Così, nella fretta di una luce che stava velocemente scendendo, diedi una veloce occhiata ad Adobe Color: uno split di complementari che partisse dal colore dei capelli (tinti di blu) poteva essere la scelta migliore, o almeno così mi sembrava. Più o meno come la seguente:

Split di complementari di riferimento

Ero anche aiutato dal colore della luce ambientale: ormai il sole era sceso sotto l’orizzonte quindi una bella luce blu aiutava a dare risalto alla mia scelta.

Ora si trattava davvero di scattare, non c’erano più balle da decidere. Montai le gelatine pre-sagomate sui due Lume Cube 2.0 e rindossai gli stivali da pescatore. A tal proposito, una piccola descrizione dei Lume Cube per chi non li conoscesse:

Lume Cube 2.0

I Lume Cube sono delle piccole luci led con discreta potenza. Praticamente un cubo di 4 cm per lato che emette una luce potente (in rapporto ovviamente alle dimensioni). Temperatura colore 5600 °K, 750 lux a 1 m, 95% di CRI, luce regolabile in intensità da 0 a 100, più altre piccole funzioni divertenti e talvolta utili. Costano un occhio della testa ma sul Marketplace di Amazon si trovano spesso scontate e li ho presi lì. Avendo dei fogli di gelatine colorate, ne ho ritagliato un pezzo per colore nel caso all’occorrenza avessi avuto bisogno di colorarne la luce. Uno dei vantaggi è che sono impermeabili fino a 10 m di profondità.

Li ho dati in mano a 2 assistenti che avevo sul posto e gli ho chiesto di porli a circa mezzo metro dal viso. Diaframma a f/4, tempo di 1/320 di secondo per avere l’acqua “congelata” nonostante fosse mossa da una discreta corrente. Qui è iniziata la parte più difficile. Da una parte mettere a fuoco non è stato affatto facile. I sensori dell’AF della D750 non hanno tutti la stessa sensibilità e alcuni fanno fatica in condizioni di criticità (come era questa ripresa ravvicinata con il velo d’acqua 2 o 3 cm sopra gli occhi); dall’altra il compito di Carol era tra i più complicati per una persona comune, non certo abituata a stare davanti ad un obiettivo come una modella professionista: stare immersa, con il viso rivolto al cielo, con l’acqua che tendeva ad entrare nel naso ma… avere un’espressione credibile!
I primi scatti erano terribili, lei contorceva i muscoli facciali mentre beveva acqua dal naso.
L’ho fermata, le ho parlato un po’, le ho suggerito di cercare di buttare fuori lentamente aria dal naso per contrastare il problema. Lo ha fatto ed è stata bravissima!! Quando è riemersa riempiendosi i polmoni, io ho rivolto lo sguardo verso lo schermo della mia vecchia compagna, la D750, e ho sgranato gli occhi. Cazzo, funzionava! Eccome se funzionava. Non mi ero immaginato nulla di preciso, l’acqua ha quella sublime caratteristica per la quale, quando in movimento, non possiamo percepirla immobile, ferma. E’ sempre in divenire, si trasforma in continuazione. Ed è sempre sorprendente per me congelarla e osservarla in maniera così… apparentemente innaturale. La corrente, le piccole onde che si formavano, riuscivano a scomporre il soggetto, destrutturizzarlo, per poi ricomporlo senza confini precisi, sfaccettando e confondendo i contorni quasi fossero pennellate di un impressionista.
Mi piaceva e non mi sarei aspettato che mi piacesse così tanto. La bellezza del “Caso”. Il Caso, a cui tanto mi sono opposto come fotografo, ancora una volta ha dimostrato di essere un grande artista. Colui che esce dal comune, dal conosciuto, dalla costrizione della mente e dai nostri limiti per dare origine a qualcosa che da solo non avrei potuto prevedere/costruire/immaginare.

Quello che io adoro fare (con la fotografia, ma anche quando mi diletto in altro) è cercare di dire senza essere troppo esplicito.
Non sono affatto uno che elogia le proprie fotografie, ma credo che in questo caso questa immagine possa portare qualche spettatore in luoghi propri, intimi e profondi. Scorgere qualcosa del proprio mondo profondo. Quasi fosse un sogno personale.
Il mio obiettivo più grande, come fotografo, non è trasmettere le mie emozioni. E’ piuttosto dare uno spunto, una spinta all’osservatore per entrare in contatto con se stesso e contattare qualcosa di suo… unico e personale. Qualsiasi cosa esso sia, anche distante dal perchè io abbia scattato quella fotografia.
Purtroppo qui sul web la finzione di uno schermo retroilluminato non aiuta.

Il resto è stata la solita postproduzione. In questo caso solo Capture One, niente Photoshop. Non c’era bisogno di cambiare nulla alla natura dell’immagine, solo una sistematina ai colori, ai contrasti, un po’ di vignettatura, un po’ di mascheratura e bruciatura. Finita, in poco tempo.
Anche questo aggiunge qualcosa alla mia percezione di questa fotografia. Non ho dovuto usare Photoshop. E’ uscita così, pronta all’uso.

Se siete arrivati fin qui grazie a voi per avere letto tutto l’articolo. E grazie a me per essermi concesso tre ore di tempo in una vita senza sosta per provare a mettere su un foglio alcuni dei pensieri inerenti la mia fotografia.

Spero che mi diciate la vostra nei commenti sotto, mi piacerebbe proprio leggervi.

Comments
Silvia

CRISTIANO SEI STATO DAVVERO BRAVISSIMO. È STATO UN PIACERE LEGGERE I DETTAGLI DIETRO A QUESTO SCATTO. LA FOTOGRAFIA È DAVVERO MOLTO BELLA, ANCHE SE SAREI STATA CURIOSISSIMA DI VEDERE GLI SCATTI SENZA GELATINE. COMUNQUE COMPLIMENTI PER I LAVORI.

Grazie Silvia!!! Come credo si intuisca dal testo, non ho avuto il tempo di fare altri scatti. Sia per una questione di pura tempistica che per non far affogare Carol.. 🙂 Per cui non ho scatti senza gelatine. 🙁 Però effettivamente sarebbe stato interessante anche per me averne almeno una di prova.

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